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Lo smart working nella PA e
i cambiamenti attesi per i dipendenti
e gli assetti organizzativi

Lo smart working nella PA e i cambiamenti attesi per i dipendentie gli assetti organizzativi

Complice forse la sua pubblicazione nei mesi estivi, non è stato ancora ponderato appieno da molte amministrazioni il possibile impatto sulla propria organizzazione della Direttiva n. 3/2017 del Dipartimento della Funzione Pubblica.

Nel rendere concretamente operative anche per la PA le previsioni della L. n. 81/2017 sullo smart working, la Direttiva ha fissato un ambizioso obiettivo, ossia quello di rendere accessibile la modalità agile di realizzazione della prestazione lavorativa ad almeno il 10% dei propri dipendenti entro un triennio. Tradotto in un esempio concreto, ciò vuol dire ad es. che una realtà quale il Comune di Torino, che ha circa 9000 dipendenti, dovrà entro tre anni consentire la fruizione dello smart working a circa 900 dipendenti (si veda in proposito un contributo del vicedirettore generale di questo ente apparso, nei giorni scorsi, sulla testata on line Agenda Digitale).

L’adozione di misure organizzative in materia di smart working avrà inoltre una ricaduta molto concreta in termini “monetari”, tanto per i singoli, in quanto di queste si terrà conto in sede di valutazione della performance organizzativa e individuale, quanto per le amministrazioni stesse, giacchè per il settore pubblico, così come per il privato, valgono senz’altro le medesime considerazioni circa la possibilità/opportunità di riorganizzare gli spazi di lavoro, eventualmente anche riducendo il numero di immobili occupati.

Tra gli obblighi posti a carico delle amministrazioni, quale necessario corollario della possibilità concessa ai dipendenti di lavorare in smart working, vi è “la promozione e la diffusione dell’uso delle tecnologie digitali a supporto della prestazione lavorativa, anche al fine di colmare il c.d. digital divide, per il consolidamento di una struttura amministrativa basata sulle reti informatiche tecnologicamente avanzate, anche attraverso applicazioni gestionali e di project management accessibili da remoto”. Quindi, l’introduzione del lavoro smart è anche concepita, negli intenti del Dipartimento della Funzione Pubblica, quale ulteriore leva di innovazione digitale della PA, concorrendo, con le recenti novità introdotte dalla Legge Madia e dai relativi Decreti delegati, tra cui il D. Lgs. n. 179/2016 di modifica del CAD (con il quale, tra l’altro, si è prevista la digitalizzazione del processo di misurazione e valutazione della performance), alla realizzazione di un’amministrazione davvero al passo dei tempi e delle evoluzioni IT.

Le amministrazioni sono ora chiamate (alcune vi hanno già provveduto) ad adottare un atto interno in materia di lavoro agile “che tratti gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro”. Il paragrafo 3, lettera D) delle Linee Guida contenute nella Direttiva fornisce un elenco (non esaustivo) dei suoi possibili contenuti.

Il tema dello smart working nella PA e della Direttiva n. 3/2017 del Dipartimento della Funzione Pubblica verrà approfondito, con il contributo di autorevoli relatori, nella giornata di studio organizzata da Optime “La disciplina dello smart working nella Pubblica Amministrazione” prevista il 10 ottobre a Roma e l’8 novembre a Milano. Vi prenderanno parte, tra gli altri, Dirigenti e Funzionari che hanno contribuito ad elaborare le i contenuti e le proposte metodologiche di cui alla Direttiva medesima.

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